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    IFRS 16 e IAS 36: l’impairment test dei diritti d’uso

    Si è appena concluso il primo anno di vita dell’IFRS 16 e sono in fase di chiusura i primi bilanci annuali che incorporano i nuovi asset prodotti dall’applicazione di questo principio contabile: i diritti d’uso.

    È quindi materia di questi giorni la valutazione della recuperabilità del valore di queste attività di bilancio ai sensi dello IAS 36. Infatti, il diritto d’uso è normalmente iscritto in bilancio al costo storico ammortizzato e questo comporta la necessità di periodicamente verificare ai sensi dello IAS 36 la recuperabilità delle attività oggetto di rilevazione come right of use.

    In altre parole, in presenza di impairment indicators così come definiti dallo IAS 36, ogni entità deve valutare se il valore contabile a cui è iscritto il diritto d’uso è superiore o meno al valore recuperabile (i.e. il più altro fra valore d’uso e il valore di mercato). Nel caso in cui il valore contabile fosse superiore al valore recuperabile, si renderebbe necessario svalutare l’asset.

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    IFRS 16 e IAS 36: l’impairment test dei diritti d’uso

    Per quanto riguarda il diritto d’uso, occorre subito segnalare che esso è indissolubilmente collegato alla passività per leasing. Tale lease liability è qualificabile come una passività finanziaria, così come si desume dalle disposizioni dell’IFRS 16 che prevedono la classificazione dei relativi rimborsi nel flusso di cassa da attività di finanziamento, ai sensi delle disposizioni del paragrafo 50.a) dello IAS 36 secondo il quale i relativi flussi di cassa sono da escludersi dal calcolo del valore d’uso così come lo sono tutti i flussi di cassa connessi con le passività finanziarie. Pertanto nel calcolo del valore d’uso non si deve tenere conto dei canoni di locazione in quanto costituiscono il rimborso della passività finanziaria che va espunta dalla determinazione del valore d’uso.

    Ciò premesso, se da un lato lo stesso IFRS 16 al paragrafo 33 esplicitamente stabilisce che il locatario debba applicare le disposizioni dello IAS 36 per verificare la recuperabilità del diritto d’uso rilevato, dall’altro vanno tenute in considerazione le indubbie peculiarità del right of use che non solo è un attivo strettamente collegato alla sua passività per leasing, ma che anche non è in grado di produrre flussi di cassa autonomi.

    Ne discende che per via della mancata generazione di flussi di cassa autonomi, il right of use oggetto di analisi deve essere aggregato ad altre unità generatrici di flussi di cassa ovvero deve essere configurato come un “corporate asset” il cui valore recuperabile è connesso al complesso delle cash generating unit (CGU) che costituiscono l’impresa.

    Tale aggregazione deve quindi avvenire in base alla capacità dell’entità di attribuire con un criterio ragionevole il diritto d’uso alla più piccola CGU a cui può essere aggregato il diritto d’uso. A titolo esemplificativo, se un’entità ha preso in affitto un edificio in cui sono ubicate le tre sue divisioni operative, nel momento in cui riuscisse ad attribuire con un criterio ragionevole (ad es. superfici occupate a condizione che restino stabili nel tempo, cosa non sempre facile) ad ogni divisione il diritto d’uso, ne consegue che l’impairment test sarà condotto a livello di singola divisione, ossia di singola CGU. Ove invece questo criterio non sussista (cosa assai probabile nel momento in cui gli spazi sono governati centralmente e non dalla singola divisione) allora la CGU di riferimento corrisponde all’entità nel suo complesso e quindi l’impairment test va condotto a livello di entità complessiva.

    In sintesi, la meccanica dell’esercizio di impairment determina il confronto tra il valore contabile (net book value) della CGU comprensiva del valore di iscrizione del right of use con il flusso di cassa attualizzato prodotto dalla CGU senza considerare gli esborsi previsti per il pagamento dei canoni di leasing.

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    Chiaramente in questa prospettiva anche il tasso di attualizzazione da adottarsi per la definizione del valore d’uso deve essere coerentemente determinato considerando gli effetti derivanti dall’adozione dell’IFRS 16; in particolare in un modello di definizione del tasso di sconto basato sul costo medio ponderato del capitale (Weighted Average Cost of Capital – WACC) detti effetti si sostanziano in un aumento del leverage che comporta, da un lato un aumento del “peso” della componente costo del debito (generalmente meno onerosa di quella dell’equity) e dall’altro un aumento del beta levered con conseguente aumento del costo della componente equity. L’effetto combinato non è facilmente preconizzabile e pertanto l’aumento del leverage connesso con l’applicazione dell’IFRS 16 non comporta necessariamente (come a prima vista ci si potrebbe attendere) una riduzione del costo medio ponderato del capitale.

    Infine un cenno al valore di mercato, da usarsi nel calcolo del valore recuperabile – ove superiore – in alternativa al valore d’uso. Una possibile modalità per valutarlo potrebbe consistere nello stimare – anche attraverso apposita perizia di un advisor immobiliare, che necessariamente esprimerà un canone di mercato compreso in un range di riferimento – il valore di mercato del canone di locazione alla data di effettuazione dell’impairment test (i.e. data chiusura bilancio) per un contratto comparabile con quello che ha prodotto il diritto d’uso iscritto in bilancio. Sulla base di tale canone andrebbe determinato il diritto d’uso espresso a valore di mercato da confrontarsi con il valore contabile. Va detto subito che tale valore di mercato – sulla base della citata perizia – sarà espresso in un range, per cui sembrerebbe azzardato limitarsi a confrontare il valore medio del range con il valore contabile, mentre se il valore contabile ricadesse nel range (anche sotto il valore medio dello stesso) potrebbero non esservi i presupposti per una svalutazione.

    L’IFRS 16 ha quindi introdotto molte novità, con effetti pervasivi nei bilanci aziendali, non ultimo la verifica del valore recuperabile ai sensi dello IAS 36. I bilanci a fine 2019 rappresentano il primo banco di prova circa la convivenza dell’IFRS 16 con lo IAS 36.

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